Le mutilazioni genitali femminili (MGF)
sono un fenomeno vasto e complesso, che include pratiche tradizionali che vanno dall’incisione all’asportazione, parziale o totale, dei genitali femminili esterni. Bambine, ragazze e donne che le subiscono devono fare i conti con rischi gravi ed irreversibili per la loro salute, oltre a pesanti conseguenze psicologiche. Anche il pap test è impossibile da effettuare, per cui diventa impossibile diagnosticare alcuni tipi di tumore.
The Cut, il Taglio. Per 100/132 milioni di ragazze e donne il vocabolo sottintende aver subito mutilazioni (MGF). Ogni nuovo anno, si calcola che circa 2 milioni di ragazze subiranno una qualche forma di mutilazione dei genitali. In base alle conoscenze attuali, queste pratiche vengono seguite in 28 paesi africani, in alcuni paesi dell’Asia occidentale ed in alcune realtà minoritarie di altri paesi asiatici. Sono stati inoltre riscontrati casi di MGF all’interno di alcune comunità di immigrati in Europa, nord America, Australia e Nuova Zelanda.
Gli esperti hanno classificato quattro livelli diversi di mutilazioni dei genitali femminili. Quelle di tipo I e II costituiscono circa l’80 per cento del totale dei casi, mentre l’infibulazione (tipo III), ovvero la mutilazione più grave, costituisce il 15 %. La procedura viene di solito eseguita con strumenti rudimentali ed in condizioni pericolose per la salute, ad opera delle donne più anziane o delle ostetriche tradizionali del villaggio. Nelle aree urbane, le famiglie più agiate ricorrono all’aiuto di personale medico, benchè l’Organizzazione Mondiale della Sanità ed altre organizzazioni internazionali, abbiano ripetutamente condannato l’esecuzione di tali pratiche, da parte dei medici. Secondo recenti Ricerche demografiche e di salute (DHS), in Egitto ed in Sudan i medici professionisti eseguono un numero crescente di queste operazioni.
Nonostante i rischi per la salute, nonché i gravi ed accertati danni psicologici e fisici, queste pratiche continuano ad essere diffuse e molte donne incoraggiano le proprie figlie a subirle. La motivazione addotta, con maggiore frequenza, è la volontà di salvaguardare l’accettazione sociale da parte della comunità e di proteggere la reputazione delle ragazze. In alcune realtà, solo le donne che hanno subito l’infibulazione vengono considerate vergini. Dove le percentuali sono alte, come in Egitto, Mali e Sudan, le ricerche DHS hanno scoperto che il 70 per cento delle donne affermava di sostenere la pratica delle mutilazioni dei genitali femminili. L’opinione delle donne più giovani tende a conformarsi a quella delle più anziane.
L’opposizione alle mutilazioni dei genitali femminili è relativamente forte solo nella Repubblica Centrale Africana ed in Eritrea: nei due paesi, rispettivamente il 56 ed il 39 per cento delle donne è favorevole a por fine a tali pratiche. In generale, l’opposizione tende ad essere più forte tra le donne con un livello d’istruzione più alto e tra le residenti nelle aree urbane. Le ricerche DHS rivelano tuttavia come, persino le donne che si oppongono a queste pratiche, scelgano di farle subire alle proprie figlie, in seguito alle forti pressioni della comunità o all’influenza dei membri più anziani della famiglia.
BIBLIOWEB:
- http://www.unicef.it/doc/371/mutilazioni-genitali-femminili.htm
- Dichiarazione “Zero Tollerance to Female Genital Mutilation” conferenza mondiale Di Addis Abeba – 4/6 Febbraio 2003, organizzata da A.C. www.afterwomen.eu
- http://dirittiumani.donne.aidos.it/
- http://www.eupolis.regione.lombardia.it
- Lorenza Cerbini. “Il tariffario : 300 euro per il taglio del clitoride. Le ex tagliatrici si raccontano a Milano” 2 Febbraio 2017 convegno Actionaid Milano
- Bardolino di genere: 5° Congresso NewMicro http://newmicro.altervista.org/?p=2028