Cassazione Civile Sentenza N. 25764/2019
Larevisione sul tema della Governance della rete di medicina trasfusionale e dei problemi correlati, è uno dei temi sul quale si sta dibattendo da tempo. La legge 21 ottobre 2005 n. 219 stabilisce, all’art. 5, i Livelli Essenziali di Assistenza sanitaria (LEA) in materia di attività trasfusionale, individuando gli strumenti più adeguati per garantirne la uniforme erogazione sul territorio nazionale.
Un recente convegno, tenutosi il 19 settembre nella sede di via Giano della Bella 34 dell’Istituto Superiore di Sanità, ha rappresentato un’occasione di riflessione e confronto sulla tematica e si è posto l’obiettivo di individuare, di concerto con le Strutture Regionali di Coordinamento per le attività trasfusionali ed in accordo con le Associazioni e Federazioni del Volontariato del sangue, adeguati strumenti per la razionalizzazione ed il rafforzamento della qualità e sicurezza delle attività trasfusionali, anche in situazioni di emergenza.
Organizzato dal Centro Nazionale Sangue, si è rivolto ai Responsabili delle Strutture Regionali di Coordinamento per le attività trasfusionali ed ai Presidenti nazionali delle Associazioni e Federazioni: AVIS, CRI, FIDAS e FRATRES. Ma la sentenza della Cassazione Civile, N. 25764/2019, è destinata ad incidere nell’organizzazione trasfusionale.
Perché è importante tale Sentenza? Perché vengono enunciati alcuni principi che riguardano il controllo del settore.
Il Fatto. Il decesso di A. S. (congiunta dei ricorrenti) era stato causato da una cirrosi epatica da HCV, contratta in seguito a due emotrasfusioni di sangue infetto, praticatele nel gennaio 1993 presso l’Ospedale Civile di C., dove era stata ricoverata per un intervento programmato di parto cesareo, complicato da isterectomia d’urgenza.
La responsabilità dei convenuti era stata riconosciuta nella produzione dell’evento, in particolare la responsabilità contrattuale dell’Ospedale e dei medici, nonché quella extracontrattuale, poiché erano state praticate due trasfusioni non necessarie e, in contemporanea, la paziente non era stata informata dei rischi connessi alla trasfusione stessa. Come aggravante, era stato omesso il controllo sulla provenienza e la non virulenza del sangue trasfuso. Il tutto si era tradotto nella condanna di detti convenuti al risarcimento dei danni subiti dagli attori, sia iure proprio che iure hereditatis, a causa del decesso della donna.
Gli attori dedussero che : 1) A. S., al momento del ricovero presso l’Ospedale civile , non presentava malattie pregresse o in atto; 2) nella cartella clinica, in relazione alle predette trasfusioni, erano stati annotati solo il gruppo sanguigno e il numero delle sacche, senza i risultati dei test immunologici effettuati e del relativo esito; 3) che la struttura ospedaliera e i medici che ebbero in cura la signora erano incorsi in una serie di carenze, nelle procedure di controllo del donatore e nei trattamenti di controllo del plasma.
In particolare, avevano violato le regole di condotta in merito alla possibilità di controllo a distanza del donatore, non essendo stati in grado di evadere la richiesta di consegna dei registri relativi alla provenienza delle sacche ematiche trasfuse, in quanto non conservati presso l’Ospedale, così come imposto dall’art. 3 della L. n. 210/1992.
Non spetta al primario di chirurgia, né al chirurgo operatore effettuare direttamente il controllo sul sangue, né la regolare tenuta dei registri o la verifica della preventiva sottoposizione a tutti i test sierologici richiesti dalla legge della sacche di sangue trasfuse, in quanto si tratta di controlli di competenza del centro trasfusionale, che trasmette al reparto richiedente le sacche di sangue e plasma regolarmente etichettate, il che presuppone la tracciabilità del donatore, come risultante dai registri alla cui tenuta è obbligato il centro trasfusionale ed il superamento dei test obbligatori.
La Corte ha quindi rilevato che solo il responsabile dell’acquisizione del sangue – il primario di ematologia, direttore del centro trasfusionale – può essere altrettanto “responsabile” della non completa compilazione della scheda di ciascuna sacca di sangue o della non esecuzione, da parte del centro da lui diretto, dei controlli o della mancata annotazione sulla sacca delle indicazioni previste dalla legge.
Come è intuibile, molte delle organizzazioni sono “difformi” da questo enunciato giurisprudenziale: da qui la valenza della sentenza della Corte Costituzionale.
BIBLIOWEB:
- Corte di Cassazione Civile, III sezione, sentenza 25764/2019 (in PDF allegato)
- Responsabilità dell’anestesista e del direttore sanitario http://newmicro.altervista.org/?p=6454
- ll Piano per il Sangue http://newmicro.altervista.org/?p=4872
- Sicurezza Trasfusionale http://newmicro.altervista.org/?p=5339
- Il vademecum dalla Cassazione http://newmicro.altervista.org/?p=6312
- Nesso di causalità http://newmicro.altervista.org/?p=6120
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Corte di Cassazione Civile – III sezione – Sentenza 25764/2019 (PDF)