Linee guida per medici e per i malati di fede musulmana
Educare è imperativo nel paziente diabetico, al quale vanno trasmesse informazioni sulla quantificazione del rischio, sull’importanza dell’automonitoraggio, della dieta, esercizio fisico, adeguamento del trattamento anti-diabete, sul riconoscimento dei sintomi delle complicanze e soprattutto su quando è assolutamente necessario interrompere il digiuno per prevenire un danno.
Ma se il paziente è di fede musulmana?
Bisogna sicuramente entrare nell’ambito del credo religioso e tener conto del periodo più a rischio: il Ramadan. E non si parla di poche persone: i musulmani con diabete nel mondo si stima siano 148 milioni. Sappiamo che aree ad alta prevalenza di diabete (uguale o superiore al 10 % della popolazione) sono India, Pakistan, Bangladesh, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Qatar, Kuwait, Oman, Iraq, Siria, Giordania, Libano, Egitto.
Il “International Diabetes Federation” (IDF) ed il “Diabetes and Ramadan (DAR) International Alliance” hanno messo a punto delle linee guida sull’argomento, fatte di raccomandazioni pratiche per medici e pazienti, volte a minimizzare i rischi per i musulmani con diabete che decidano di attenersi ai riti del digiuno durante il Ramadan. Nelle linee guida viene comunque ricordato a chiare lettere che i medici devono comprendere le differenze regionali e culturali per consigliare in maniera appropriata i loro pazienti.
L’approvazione religiosa del documento stilato da IDF-DAR viene dal Gran Mufty d’Egitto (la più alta autorità religiosa di questo paese) e riguarda la nuova classificazione che definisce tre categorie di rischio tra i diabetici: altissimo, alto, basso-moderato.
Il rispetto del documento, in Italia, è sancito dalla Costituzione e dalla legislazione, con indicazioni che ne garantiscono la Privacy (Registro dei provvedimenti n. 515 del 12 novembre 2014, doc. web n. 3624070). Per il medico curante è quindi necessario conoscere tali indicazioni. Le due categorie di rischio sotto riportate dovrebbero essere assolutamente dissuase dal praticare digiuni prolungati. Ed è fondamentale trasmettere loro il pensiero che non devono sentirsi in colpa se non possono digiunare.
- Rischio Altissimo = pazienti che abbiano presentato episodi di ipoglicemia severa, chetoacidosi diabetica, coma iperglicemico iperosmolare nei tre mesi prima del Ramadan, donne in gravidanza con diabete, soggetti in dialisi o con insufficienza renale terminale, pazienti con malattie acute, anziani fragili.
- Alto rischio = soggetti con diabete tipo 1, quelli con tipo 2 poco controllato od in trattamento insulinico, con insufficienza renale (stadio 3), con complicanze macrovascolari, che facciano lavori pesanti e quelli in trattamento con farmaci che possono alterare le loro funzioni cognitive.
La decisione di un individuo con diabete tipo 1 di digiunare durante il Ramadan dovrebbe essere rispettata. Alcune evidenze suggeriscono che, purché in condizioni di stabilità ed in buona salute, è possibile farlo ma sotto stretta supervisione medica e dopo un programma di educazione focalizzato al controllo dei livelli glicemici.
Il divieto di digiunare dovrebbe restare assoluto per le donne diabetiche in gravidanza, che potrebbero con questa pratica procurare grave nocumento a se stesse ed al feto (Diabete Gestazionale) .
La maggior parte delle persone con diabete tipo 2, con i giusti consigli e supporti da parte del medico curante, possono digiunare tranquillamente durante il mese sacro.
I nuovi ipoglicemizzanti orali sono più sicuri delle vecchie sulfaniluree durante il Ramadan, mentre bisogna essere prudenti con gli inibitori di SGLT2.
Come sempre nel diabete, monitorare i valori glicemici è essenziale. Nel periodo del Ramadan è una componente indispensabile nella gestione della patologia.
Una breve
SINOSSI
Le linee guida sono raggiungibili via world- wide- web (vedi link e PDF).
BIBLIOWEB:
http://www.idf.org/guidelines/diabetes-in-ramadan
http://www.daralliance.org/daralliance/