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Malattie Infettive
Browse: Home / Quanto è difficile questo Clostridio…
01Ott2015

Quanto è difficile questo Clostridio…

by Marco Caputo in Malattie Infettive
Tags: (PPV) valore predittivo positivo, Clostridium difficile, Immunoassay, test molecolare per il DNA (PCR)
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Il rischio di falsi positivi nel test molecolare per Clostridium Difficile.

Pazienti positivi al test molecolare per il DNA (PCR) del C. difficile potrebbero non essere infetti, e pertanto non richiedere alcuna terapie antibiotica.
E’ quanto affermano gli autori di uno studio prospettico osservazionale le cui conclusioni sono state pubblicate sul numero dell’ 8 settembre scorso online di JAMA Internal Medicine (1).
Il caso si presta anche ad un non inutile richiamo alla necessità per “inserire il cervello” prima di richiedere un test diagnostico.

Lo studio è stato condotto a Sacramento (California), nel Dipartimento di Patologia e Medicina di Laboratorio della Davis University.

Il test molecolare è stato adottato in quasi la metà dei laboratori americani a partire dal 2009, in alcuni casi andando a sostituire l’immunoassay per le tossine del C. difficile.
Da allora si è registrato un incremento delle infezioni da C. difficile variabile dal 50 al 100%.

Materiali e metodi

Sono stati studiati 1416 pazienti adulti ospedalizzati affetti da diarrea, ricostruendo la storia naturale dei soggetti positivi alla PCR ma negativi all’immunoassay (PCR+/TOX− 11.4%) per confrontarli con quelli positivi ad entrambi i test (PCR+/TOX+ 9.3%) e quelli negativi ad entrambi (PCR−/TOX− 79.3%).
Inoltre si è cercato di chiarire se per tutte le categorie di pazienti fosse indicato il trattamento antibiotico.
Come indicatore primario si è utilizzato la durata della diarrea nei primi 15 giorni dalla raccolta del campione, includendo in tale periodo anche le potenziali due settimane di trattamento, che consisteva in 10 o più giorni di metronidazolo o vancomicina per os.

Risultati

Si è trovato che il 55.3% dei pazienti PCR+/TOX− avevano gli stessi indicatori dei pazienti negativi ad entrambi i test, e che l’esito non era condizionato dalla effettuazione o meno del trattamento.

Gli autori concludono che la maggior parte dei pazienti negativi all’immunoassay per le tossine e positivi al test molecolare non necessitano di un trattamento, in quanto verosimilmente solo colonizzati dal C. difficile e con un’altra eziopatogenesi per la loro diarrea.
Proiettando questi dati sul scala più vasta è facile prevedere che in un numero consistente di casi il trattamento antibiotico è non necessario.

Commento

L’articolo è corredato da un editoriale di commento (2) a cura di E.R. Dubberke e CA.D. Burham, della Washington University di St. Louis (Missouri), che risulta estremamente utile per riassumere le evidenze accumulate e suggerire un atteggiamento coerente nella diagnosi e nella gestione di questa patologia potenzialmente grave.

L’infezione da C. difficile è verosimilmente la causa della diarrea in non più del 5-10% dei pazienti ospedalizzati, mentre il germe colonizza da saprofita un numero molto più ampio di persone (fino al 50% dei presenti presso strutture di ricovero cronico).
Il valore predittivo positivo (PPV) decisamente basso del test molecolare, pari al 44.7%, significa un numero elevato di falsi positivi e si traduce, per una popolazione ospedaliera, in un elevato numero di trattamenti antibiotici superflui e in misure di prevenzione (isolamento in stanze singole, DPI ecc.) altrettanto ridondanti.
Ecco perché è indispensabile un’accurata selezione dei pazienti da sottoporre al test: dai pochi lavori che hanno studiato questo argomento risulta che dal 36 al 50% dei pazienti ospedalizzati sottoposti al test non aveva un alvo diarroico, e che dal 20 al 44% degli stessi pazienti era in trattamento con lassativi.
La semplice precauzione di evitare di sottoporre a test pazienti che non abbiano una diarrea clinicamente significativa o che siano sotto lassativi consentirebbe di migliorare significativamente il PPV di questo costoso esame.
Infine, considerando l’elevato potere predittivo negative (NPV) dell’immunoassay per le tossine, è del tutto inutile la ripetizione di un esame negativo, ripetizione che inoltre aumenta il rischio di falsi positive in modo significativo.

BIBLIOWEB:

1) Christopher R. Polage CR2; Gyorke CE; Kennedy MA et al. Overdiagnosis of Clostridium difficile Infection in the Molecular Test Era JAMA Intern Med. Published online September 08, 2015. doi:10.1001/jamainternmed.2015.4114

2) Dubberke ER; Burnham CADDiagnosis of Clostridium difficile Infection: treat the Patient, Not the Test JAMA Intern Med. Published online September 08, 2015. doi:10.1001/jamainternmed.2015.4607

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