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Malattie Infettive
Browse: Home / C. difficile – Inquadramento Clinico e terapia
27Nov2019

C. difficile – Inquadramento Clinico e terapia

by Lucia Collini in Malattie Infettive
Tags: Clostridium difficile, cluster epidemici, germe sentinella, impatto economico, inquadramento clinico, lavaggio delle mani, microbiota, norme igieniche, spore, terapia, terapia antibiotica
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un approccio all’infezione

ILmicrobiota intestinale umano, nel tratto digestivo medio, è costituito da circa mille specie diverse di microrganismi. Per la maggior parte sono innocue e “collaboranti” (nell’attività digestiva ed immunitaria, ad esempio) ma se qualcosa sconvolge l’equilibrio dell’ecosistema, batteri e funghi, normalmente inoffensivi, possono crescere fuori da ogni controllo, causando disturbi con sintomi più o meno gravi.

Il Clostridium difficile (C. difficile) può essere isolato nell’intestino di circa un soggetto adulto su 30:  non per questo causa diarrea ogni volta che è presente. Spesso convive in modo silente con gli altri microrganismi presenti nell’intestino, senza alcun problema.

Ma nella flora batterica intestinale, in determinate situazioni, è in grado di prendere il sopravvento   e può essere causa di sintomi particolarmente severi e pericolosi: ad esempio diarrea acquosa, febbre, perdita di appetito, nausea, dolore addominale. Anche se le infezioni sono relativamente poco comuni, rispetto ad altri batteri intestinali, il C. difficile è una delle più importanti cause di diarrea infettiva nei Paesi Occidentali e nelle strutture sanitarie in particolare.

La diarrea è un effetto collaterale comune nelle terapie antibiotiche, ma normalmente, sospendendo il farmaco, il disturbo si risolve. Nel caso del Clostridium invece la diarrea, accompagnata da altri sintomi, non accenna a diminuire o migliorare. L’infezione si manifesta spesso proprio a seguito di aggressive terapie antibiotiche e la diffusione è molto comune in ambiente ospedaliero. Il batterio si trasmette per via oro-fecale, favorita anche dalla particolare resistenza del microrganismo nell’ambiente. L’infezione può quindi diffondersi toccando superfici contaminate e attraverso l’ingestione di spore, diffuse nell’ambiente.

Il trattamento prevede in ogni caso l’utilizzo di antibiotici, particolarmente mirati a questo specifico batterio. Tra le principali norme di prevenzione ricordiamo l’importanza di lavarsi spesso e correttamente le mani, soprattutto dopo essere entrati in contatto con un paziente e di assumere antibiotici solo se e quando prescritti da un medico.

Alcuni antimicrobici possono tuttavia interferire con l’equilibrio dell’ecosistema intestinale e, in determinate condizioni, il C. difficile può riuscire a moltiplicarsi e produrre tossine: la reale causa della comparsa dei sintomi. Quando questo accade, può esserci il rischio concreto di trasmettere l’infezione, perché i batteri responsabili sono presenti nella diarrea in quantità rilevante.

Un paziente con infezione da C. difficile è generalmente considerato contagioso fino ad almeno 48 ore dopo la completa scomparsa dei sintomi. Le spore sono in grado di sopravvivere per molto tempo sulle superfici e nell’ambiente, ad esempio sull’asse del water, sui telefoni e sulle maniglie. Per evitare il contagio è quindi opportuno seguire alcune semplici norme igieniche.

In ambiente sanitario è da considerare un evento sentinella anche il singolo caso, data la elevata pericolosità e diffusibilità. E’ d’obbligo adottare le misure di controllo e contenimento, per evitare o contenere i “cluster epidemici”.

Le infezioni da C. difficile sono associate ad un prolungamento della degenza ospedaliera (secondo dati USA, da 2,6 a 4,5 giorni) e richiedono spesso anche la riammissione in ospedale e l’effettuazione di indagini diagnostiche mirate (laboratoristiche, radiologiche ed endoscopiche).

L’impatto economico delle infezioni da C. difficile è significativo: secondo dati del ECDC, in Inghilterra le infezioni comportano una spesa indotta di  5.000-15.000 euro per caso. Se si riporta questo dato sull’intera popolazione europea, ciò porta a stimare, per i sistemi sanitari europei, un costo aggiuntivo di ca 3.000 milioni di € / anno. E’ un dato di per sé significativo ed è per di più previsto in crescita per i prossimi decenni.

Negli USA il costo attribuibile per paziente, in fase acuta di CDI, è stato stimato in 2.470 – 3.669 dollari; nei sei mesi dopo la diagnosi, il valore varia da 5.042 a 7.179 dollari/paziente. La spesa degli ospedali USA, per il trattamento, è stata così stimata in 3,2 miliardi di dollari/anno.

In Italia i dati non sono rassicuranti. La Dott.ssa Delle Foglie, (che ringraziamo per averci concesso le diapositive del recente convegno NewMicro di Trento) ci aiuta a migliorare le nostre conoscenze sul tema.

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  • PDTA olistici in microbiologia http://newmicro.altervista.org/?p=1113

 Diagnostica e Clinica del Clostridium difficile alla luce dei nuovi approcci clinico-terapeutici – P. Delle Foglie, Trento 27 settembre 2019 (Ptx-FlipBook)

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